
Uno studio francese pubblicato su PLOS Medicine (Payen de la Garanderie et al., 2025), ha rivelato la preoccupante associazione tra alcune miscele di additivi alimentari presenti nei cibi ultra-processati e l’aumento del rischio di diabete di tipo 2. La ricerca che ha coinvolto 108.000 partecipanti al progetto NutriNet-Santé, ha evidenziato in particolare due combinazioni critiche:
- Miscela 2: emulsionanti e addensanti (tra cui carragenina, gomma di guar, polifosfati) presenti in salse, dessert a base di latte e brodi
- Miscela 5: dolcificanti artificiali e acidificanti (tra cui aspartame, acesulfame K) delle bevande zuccherate
Lo studio ha rilevato un aumento del rischio di diabete rispettivamente del 15% e 12% per queste miscele, indipendentemente da altri fattori di rischio quali la qualità della dieta, l’obesità o attività fisica.
Studi epidemiologici precedenti o su modelli animali già sollevato dubbi su alcuni di questi additivi, ma è la prima volta che si evidenzia un cosiddetto effetto cocktail nell’uomo. Infatti la ricerca evidenzia che è la sinergia tra gli additivi a determinare maggiormente l’aumento del rischio, piuttosto che ciascuno di essi preso singolarmente.
Oltre i limiti della valutazione tradizionale
L’articolo sottolinea come l’attuale sistema di valutazione degli additivi – basato su test sulle singole molecole e non sulle loro combinazioni – mostri evidenti limiti:
- Non considera l’effetto cocktail (i consumatori sono più frequentemente esposti quotidianamente a miscele di additivi);
- Ignora l’esposizione cronica a basse dosi;
- Trascura le potenziali alterazioni metaboliche a lungo termine.
Additivi e disconnessione alimentare: il paradosso della modernità
Lo studio francese si inserisce in un contesto più ampio, ben descritto nel libro Nutrire il Bene: viviamo in una società che, mentre si riempie la bocca di innovazione e progresso, ignora le contraddizioni del sistema agroalimentare che ha creato.
Siamo assuefatti a una realtà in cui:
- L’inquinamento chimico (inclusi gli additivi) è normalizzato, nonostante i potenziali danni a lungo termine.
- Il cibo ultra-processato, privato della sua vitalità, diventa veicolo di sostanze estranee, mentre perdiamo il legame con la terra e la stagionalità.
- La digitalizzazione ci allontana dalle emozioni autentiche, rendendoci più manipolabili dalle logiche del consumo.
Come sottolinea Nutrire il Bene, questa disconnessione non è solo fisica ma anche spirituale: l’alimentazione è ridotta a mero atto meccanico, dimenticando il suo ruolo di ponte tra corpo, mente e ambiente.
Verso un nuovo paradigma: riscoprire il cibo come atto di cura
Questa realtà e i dati scientifici della ricerca confermano la necessità di un cambio di paradigma radicale:
“Riconnettere l’alimentazione alla sua dimensione etica e spirituale significa trasformare il settore agroalimentare in un’Organizzazione Positiva: un sistema che nutre il corpo, ma anche le relazioni, l’ambiente e la comunità.”
L’Italia, con il suo patrimonio enogastronomico, potrebbe guidare questa transizione, dimostrando che “nutrire il bene” è possibile.
Link di approfondimento:
https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1004570
https://www.mealefood.com/nutrire-il-bene-crescita-personale-e-professionale-amazon/