La gelatina animale, tradizionalmente ricavata dai tessuti connettivi animali, è nota per le sue eccezionali proprietà di gelificazione che influenzano texture e rilascio di sapori nei prodotti alimentari.
Nell’industria alimentare, la ricerca di alternative vegane al suo utilizzo è ampia e ha attirato notevole interesse negli ultimi anni, soprattutto nel contesto di una crescente domanda per prodotti vegani, vegetariani, halal e kosher. Queste alternative non solo rispondono alle esigenze etiche e dietetiche di diversi gruppi di consumatori, ma offrono anche soluzioni sostenibili rispetto all’utilizzo di risorse animali.
La ricerca continua a evolvere, con studi che si concentrano su come migliorare la resistenza, la texture e le proprietà sensoriali di questi gel vegetali, oltre a ridurre i costi di produzione per renderli più competitivi rispetto alla gelatina tradizionale. La sfida rimane nel replicare esattamente le stesse proprietà di gelificazione e di scioglimento della gelatina animale, particolarmente importanti in termini di sensazioni in bocca e di rilascio dei sapori.
Queste sono solo alcune delle alternative disponibili in alcuni settori merceologici: agar agar, carragenine, pectine, gomme di gellano, alginati e proteine vegetali modificate.
Le alternative vegetali spesso richiedono la combinazione di più idrocolloidi, principalmente polisaccaridi e proteine, per ottenere nuove caratteristiche organolettiche nei prodotti alimentari vegani, modificare le proprietà reologiche e soddisfare i requisiti di lavorazione dell’industria alimentare.
Un recente studio dell’Università di Napoli ha esplorato la creazione di un sostituto ecologico della gelatina animale utilizzando una miscela di K-carragenina (K-C) e farina di semi di carrube (LBG). La K-C, derivata dalle alghe rosse, è un polisaccaride che forma gel stabilizzati da legami idrogeno. Tuttavia, i gel puri K-C sono fragili e poco elastici. La LBG, invece, è un polisaccaride galattomannano utilizzato come addensante e stabilizzante, che da sola non forma gel ma può modificare le proprietà dei gel idrocolloidali.
I ricercatori hanno studiato le miscele di K-C e LBG, variando le concentrazioni e i rapporti di massa, confrontando i risultati con la gelatina animale. Hanno osservato che l’aumento della LBG nei gel vegani porta ad un aumento della componente elastica (G’’) e viscoelastica (G’’), fino ad un raggiungere un massimo ad un rapporto K-C/LBG di 1:6, ma diminuisce anche la temperatura di passaggio Gel/Sol riducendo così l’effetto “scioglievolezza in bocca”.
La temperatura di transizione gel/sol della AG rappresenta uno dei principali punti di distacco con i gel vegani poiché sostanzialmente più bassa e, soprattutto, simile alla temperatura corporea. La diminuzione di concentrazione degli idrocolloidi può far diminuire questa temperatura nei gel vegani ma a scapito di altre caratteristiche reologiche.
Un altro punto debole dei gel K-C/LBG, comune agli altri gel vegani, è il punto di rottura a seguito della deformazione, che influenza il cosiddetto effetto primo morso. Nel caso dello studio in oggetto, con l’aumento di K-C si ottiene un gel progressivamente più resistente alla deformazione ma anche più fragile.
Sebbene l’attuale ricerca mostri promettenti progressi, sottolinea anche la necessità di un ulteriore sviluppo. Ciò rappresenta una magnifica opportunità per le aziende nel campo della tecnologia alimentare di esplorare nuove formulazioni che possano soddisfare le esigenze funzionali e sensoriali. Il lavoro dei ricercatori evidenzia l’importanza di un approccio olistico che non solo mira a replicare le proprietà fisiche, ma anche a comprendere e ottimizzare l’interazione tra diversi componenti.
Per noi, come società di consulenza in tecnologia alimentare, questi studi rappresentano un’opportunità per guidare l’innovazione nel settore, aiutando i nostri clienti a superare le sfide tecniche e a sfruttare le tendenze del mercato verso prodotti più sostenibili e inclusivi. È un invito a collaborare, esplorare e investire in ricerca che potrebbe non solo migliorare le alternative esistenti ma anche scoprire nuove soluzioni che potrebbero rivoluzionare il modo in cui pensiamo al cibo.
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