La nutrigenetica studia il modo in cui ognuno di noi reagisce alle molecole presenti nei cibi. Le diversità genetiche individuali possono infatti influire sull’assorbimento, la metabolizzazione e l’utilizzo dei nutrienti da parte del nostro corpo. Nel nostro DNA ci sono oltre 30.000 geni e sono come delle istruzioni per l’uso, uniche e irripetibili, per il nostro organismo.
L’importanza della dieta personalizzata è sempre più riconosciuta per migliorare la salute dei pazienti attraverso modifiche mirate del regime alimentare e, eventualmente, dell’attività fisica. È evidente che conoscere come l’individuo risponderà a una particolare dieta è cruciale per massimizzarne i benefici e minimizzarne gli svantaggi, soprattutto in caso di patologie o criticità pregresse.
Nell’immaginario collettivo la dieta vegetariana è sinonimo di mangiare sano, infatti per la maggior parte delle persone eliminare gli alimenti di origine animale significa diminuire il colesterolo e il rischio di soffrire di malattie cardiache e diabete di tipo 2. Un recente studio del MIT e dell’università della Georgia ha invece evidenziato come la presenza di alcune varianti genetiche possa modificare profondamente gli effetti sull’organismo di una dieta vegetariana.
La ricerca ha preso in esame i dati dei 150.000 partecipanti allo studio di corte UK Biobank, 2.300 dei quali seguivano una dieta strettamente vegetariana. Comparando i dati dei vegetariani con i non vegetariani sono stati rilevati mediamente bassi livelli di colesterolo e di vitamina D, importante per la salute delle ossa e del sistema immunitario, oltre che livelli più alti di trigliceridi.
Effettuando un’analisi dell’interazione tra ciascun gene e il vegetarianismo, è emerso che quando era presente una specifica variante del gene MMAA, connessa al metabolismo del calcio, aumentavano i livelli di calcio (anziché diminuire) con effetti positivi su osteoporosi ma potenzialmente rischiosi per calcoli renali.
Un’altra variante genetica rara (RNF168) ha fatto sì che la dieta vegetariana portasse ad aumentati livelli di testosterone, normalmente diminuiti nei vegetariani, mentre la presenza del gene DOCK4 ha aumentato la velocità di filtrazione glomerulare del sangue, un parametro di riferimento per l’efficienza e la salute renale.
La scoperta di queste nuove interazioni tra geni biologicamente rilevanti ed il vegetarianismo potrà aiutare nella progettazione di raccomandazioni nutrizionali personalizzate, nonché di futuri studi di nutrigenetica e trial clinici che aiutino gli esperti a comprendere meglio in che modo i geni influiscono sulla nostra dieta.
Link di approfondimento:
https://journals.plos.org/plosgenetics/article?id=10.1371/journal.pgen.1011288#abstract0