
Il settore agroalimentare si trova oggi a un bivio critico. Da un lato, la necessità di garantire una produzione efficiente per soddisfare la crescente domanda globale, dall’altro l’urgenza di preservare la salute umana e ambientale.
L’attuale modello produttivo, incentrato sulla massimizzazione dei rendimenti e sulla riduzione dei costi, sta tuttavia rivelando il suo lato oscuro: un impatto negativo a lungo termine sulla qualità del cibo, sulla biodiversità e sulla sicurezza alimentare.
L’uso di fungicidi azolici: un rischio per la salute umana
Uno studio congiunto delle principali agenzie europee (EFSA, ECDC, ECHA, AEA ed EMA) ha analizzato l’uso degli azoli nell’agricoltura e nell’allevamento nell’Unione Europea, mettendo in evidenza il rischio crescente della resistenza fungina a questi antimicotici.
Dal 2010 al 2021, sono state vendute circa 120.000 tonnellate di azoli per usi agricoli o veterinari, di cui 119.000 tonnellate utilizzate come fitofarmaci.
È stato confermato il legame tra l’esposizione ambientale agli azoli e la selezione di specie di Aspergillus resistenti agli azoli, in particolare nell’A. fumigatus.
La prevalenza di A. fumigatus resistente agli azoli nelle infezioni umane varia dall’1% al 63%, a seconda della gravità della malattia e delle aree geografiche. Nei casi più critici, l’infezione può evolvere in aspergillosi invasiva, con tassi di mortalità estremamente elevati, che vanno dal 36% al 100%.
Gli esperti hanno identificato hotspot ambientali in cui i funghi diventano più facilmente resistenti per il contatto prolungato con i fitosanitari o i biocidi a base azolica: lo stoccaggio dei rifiuti agricoli di alcune colture, e il loro possibile utilizzo come ammendante/fertilizzante del suolo, e il legno appena tagliato.
È necessario un ripensamento dell’uso agricolo e veterinario degli azoli, per prevenire effetti negativi sulla salute pubblica, le misure proposte dagli autori del report:
- nuovi requisiti specifici nell’approvazione e autorizzazione dei fungicidi azolici;
- sostegno alla ricerca per lo sviluppo di fungicidi innovativi che non causino resistenza;
- adozione di buone pratiche agricole e orticole per limitare l’esposizione ai fungicidi;
- migliore gestione degli scarti agricoli e del legname trattato con biocidi;
- raccolta di dati più approfonditi sull’uso degli antifungini e fungicidi azolici.
Leggi il rapporto completo dell’EFSA:
https://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/9200
Un paradosso sistemico: tra efficienza produttiva e sicurezza alimentare
L’uso intensivo di fungicidi non è l’unica contraddizione del sistema agroalimentare. Negli ultimi decenni, il settore si è mosso verso una produzione sempre più industrializzata, favorendo la quantità rispetto alla qualità. Questo ha portato a fenomeni come:
- Il declino della qualità nutrizionale: la ricerca incessante di rese elevate ha ridotto il contenuto di micronutrienti nei prodotti agricoli. Studi hanno dimostrato che la concentrazione di alcuni minerali nelle verdure è diminuita fino al 40% rispetto ai livelli di qualche decennio fa.
- L’impoverimento del suolo: in Italia, il 10% del territorio è già classificato come “desertificato” dall’ISPRA, a causa dell’uso massiccio di fertilizzanti chimici e dell’agricoltura intensiva.
- La perdita di biodiversità: l’uso sistematico di pesticidi minaccia gli ecosistemi naturali, con conseguenze dirette sulla sicurezza alimentare e sulla salute umana.
- L’uso indiscriminato di antibiotici negli allevamenti: questo fenomeno ha contribuito all’antibiotico-resistenza, una delle principali minacce per la salute pubblica globale. Secondo le previsioni dell’OMS, entro il 2050 la resistenza agli antibiotici potrebbe causare fino a 10 milioni di morti all’anno.
Un nuovo modello per il futuro: rimettere la persona al centro
Di fronte a queste evidenze, è chiaro che l’attuale modello agroalimentare non è sostenibile a lungo termine. Per invertire la rotta, non basta introdurre nuove regolamentazioni o limitare l’uso di sostanze chimiche: è necessario un cambio di paradigma che metta al centro la consapevolezza e il benessere della persona.
Come sottolineato in Nutrire il Bene, il settore agroalimentare non è solo un’industria, ma una comunità di persone che hanno la responsabilità di fornire energia vitale agli altri.
Solo creando ambienti di lavoro positivi, in cui la salute e il benessere siano priorità strategiche, possiamo generare un impatto reale sull’intero sistema. Solo attraverso un approccio etico e consapevole, possiamo superare queste contraddizioni e costruire un futuro in cui il cibo sia davvero nutrimento per il corpo, per la società e per il pianeta.
Il cambiamento parte da noi
✅ Come possiamo favorire una transizione verso un’agricoltura più sostenibile? ✅ Quali azioni concrete possono adottare le aziende agroalimentari per garantire un equilibrio tra produttività e benessere?
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Link di approfondimento:
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