Le mozzarelle da un discount a casa diventano blu.
I NAS scatenano il putiferio: sequestro, ritiro, allerta, ipotesi di reato inesistenti (sofisticazione?).
Queste cose per un Tecnologo Alimentare sono quasi normali e non necessitano di analisi se non confermate quanto già si sa.
Due signore acquistano mozzarelle ad un discount e a casa trovano la sorpresa: il formaggio, aperta la confezione, diventa blu. Chiamano i NAS e scatenano il putiferio: sequestro, ritiro, allerta, ipotesi di reato inesistenti (sofisticazione?).
Un po’ d’ordine.
Queste cose per un Tecnologo Alimentare sono quasi normali e non necessitano di analisi se non confermate quanto già si sa.
Il microrganismo incriminato è del genere Pseudomonas, non chiedete la specie perché sono tante cose a fare il pigmento blu che si chiama piocianina.
Vanno sottolineate alcune situazioni: per un soggetto normale il problema è praticamente inesistente, perché vista la mozzarella blu non la mangia ma la butta in pattumiera, a meno che non voglia tenerla per chiedere un risarcimento al negozio dove l’ha comprata. Deve avere però scontrino, confezione possibilmente integra e dimostrare che non sia stato lui (o lei) a provocare quella situazione.
E se fosse stato il consumatore a causare il problema?
Tieni la mozzarella nel frigo fino al limite della scadenza, magari aprendo e chiudendo il frigo più volte al giorno e tenendolo aperto per parecchio tempo. Chissà se non conservava l’avanzo di tale mozzarella perché non ha avuto voglia di finirla.
Nel frigo succedono tante cose, anche se non si vedono. Ci sono un’enormità di cellule microscopiche che sono in stato di latenza ma che appena hanno la possibilità di risvegliarsi, lo fanno a velocità notevoli.
Può anche essere che il microrganismo sia originato dal produttore.
La mozzarella si ottiene da una lavorazione che prevede un trattamento termico ad almeno 80 °C per qualche minuto, la cosiddetta filatura. Se si utilizzano temperature più basse la cagliata non fila, quindi non serve nemmeno un termometro perché il processo si auto regola. Il termometro serve al massimo a dimostrare che ho fatto ciò che dovevo e/o volevo.
Pseudomanas a tale temperatura viene ucciso in quantità massicce, per non dire che viene sterminato. Si confeziona in liquido di governo, quindi in condizioni quasi anaerobie cioè in assenza di ossigeno, con Pseudomonas che appartiene alla categoria degli aerobi stretti. Se c’è non si moltiplica e rimane nel numero dell’eventuale inquinamento accidentale durante il confezionamento (da attrezzatura, personale, materiale d’imballaggio). Aperta la confezione, verso il liquido di governo e creo le condizioni necessarie allo sviluppo del colore prodotto da un numero di Pseudomonadaceae non inferiore alle 100 000 per grammo, se no non sono in grado di manifestare quel metabolita che dà la caratteristica colorazione.
Dicevamo che la presenza di Pseudomonas non è di per sé nociva, solo alcune specie producono tossine che possono causare in casi particolari anche situazioni estreme, ma normalmente ciò non accade.
Le tossine prodotte sono relativamente poco tossiche e sono prodotte solo in particolari condizioni e con un numero di microrganismi particolarmente elevato.
Si consideri il seguente caso: il consumatore di mozzarella è ipovedente, il microrganismo in questione è notoriamente proteolitico, produttore di ammine vasoattive. Tale situazione porta alla formazione di composti amari che al primo atto masticatorio fa rifiutare la deglutizione del cibo, a meno che il soggetto non sia autolesionista.
Una riflessione
La domanda che ci si pone allora è la seguente: scateniamo il problema dell’etichettatura dei prodotti non italiani o formiamo i produttori ad evitare di lavorare in maniera inadeguata?
A tal proposito, un uso poco diffuso per i formaggi filati di appropriato antipasto eviterebbe in maniera quasi certa l’insorgere del problema, a meno che il produttore non sia ben preparato preparato da individuare il suo punto critico ed eviti accuratamente gli avvisi informativi accidentali.
Sapendo lavorare bene e conoscendo bene il proprio processo certe cose non possono e non devono succedere.
La lettura dei giornali sulla questione riporta anche affermazioni, come l’ordine di eccipienti, quali l’acqua, la vendita, lo zucchero. Il termine eccipiente non è adeguato all’alimentare essendo di uso farmaceutico o chimico.
Le sostanze nominate sono in ogni caso degli ingredienti a meno di eventuali esenzioni in casi particolari e circostanziati dalla normativa vigente.
Gozzi dottor Giovanni
Tecnologo alimentare